Continua il nostro impegno con le grandi architetture di pregio.
È infatti nostro, il compito di installare il ponteggio per il restauro della torre nolare dell’abbazia di Chiaravalle, ma impariamo a conoscere un po’ meglio la storia di questo edificio tramite le parole dell’Ing. Lorenzo Jurina, direttore dei lavori che ci affianca in questa nostra nuova avventura.
“Sul pont de Ciaravall
gh’è ona ciribiciaccola
con cinqcentciribiciaccolitt
Val pusè ona ciribiciaccola
o cinqcentciribiciaccolit?”
La si vede da lontano svettare sul tessuto verde del parco agricolo sud Milano, avvicinandosi al borgo di Chiaravalle. Si avvista il rosso scuro dei suoi mattoni e la sua complicata combinazione di piani e decorazioni, tipica del tardogotico lombardo.
È la Ciribiciaccola, la “torre nolare” dell’abbazia cistercense di Chiaravalle Milanese. Il soprannome con cui è conosciuta, Ciribiciaccola appunto, assomiglia ad uno scioglilingua e aumenta la simpatia dei cittadini verso questo monumento.
La torre nolare, costruita attorno al 1329, è attribuita a Francesco Pecorari di Cremona.
È stata edificata due secoli dopo la costruzione del monastero, uscendo dai canoni dell’austera architettura voluta da San Bernardo.
La torre, realizzata in muratura piena con spessore di 50 centimetri, sale dal tiburio con due sezioni di forma ottagonale da cui infine parte la sezione conica terminale, sovrastata dalla croce superiore, per un totale di 56,2 metri. Oltre al tiburio, che presenta un primo ordine di archetti pensili perimetrali, ogni zona ottagonale è divisa in due parti orizzontali caratterizzate anch’esse da archetti pensili, con cornici lavorate.
Le numerose bifore, le trifore e le quadrifore sono formate da marmo di Candoglia, e le monofore sono in cotto.
La cella campanaria contiene la campana più antica del sistema ambrosiano, soprannominata Bernarda, azionata ancora oggi dai monaci tramite una corda che giunge fino al livello terreno. L’accessibilità alla torre è abbastanza ardua: dopo essere usciti con una botola sulla falda del tetto, si sale su una scala a pioli, a quota 22,67 metri da terra, e poi con una scala precaria si accede all’estradosso della cupola del tiburio, sul quale si cammina, da cui si può imboccare la scaletta del corpo in muratura vero e proprio della torre.
Molto modificata nel corso del XVIII secolo, la torre nolare è stata consolidata e “riportata” alle forme trecentesche nei primi decenni del Novecento, all’interno di una ampia opera di restauro intrapresa da Luca Beltrami nel 1894 e proseguita nel 1914 da Gaetano Moretti.
La torre, di epoca successiva alla edificazione originale, al momento della sua costruzione ha necessitato di una riorganizzazione strutturale del tiburio al fine di un migliore trasferimento dei carichi.[…]
Articolo Estratto da: www.jurina.it , scritto da Lorenzo Juirna